La vedo, e ha come cappello una primula gialla.
Con venature indaco violette fino al centro e una trama trasparente attraverso cui filtra il sole.
Le ombre le ritagliano la luce sulla faccia, un puzzle acceso di scintillanti geometrie.
Attorno a lei, una giostra pazza di profumi. Rosmarino, salvia, oleandro, arance, limoni in vaso, terra bagnata da lacrime di gioia e tenerezza. Crema solare e i primi piatti tentati, l’odore di un blocco di ricette acerbe come seni. Ananas e smalto per le unghie, l’amicizia, la mandorla e il sudore, le note di benzina dalle macchine in cortile.
Profuma tutto quello che circonda, e tutto ciò che la circonda la profuma.
Si muove lenta, che io ricordi è stata la più lenta di tutte. Ma anche la più gialla, enorme e calorosa, e anche la più spessa, sembrava una polenta. Ci avvolgeva tutti, sotto il suo cappello strano, e l’oro ci restava tra i capelli e dentro gli occhi, inciso anche nelle iridi più scure.
Ballava con noi e noi con lei, quando da gialla diventava blu, e arrivavano le lucciole a farla scintillare. Agitati sull’erba seguivamo la musica, e chi faceva le ruote, chi si rompeva una caviglia e chi si innamorava.
Gialla e a tutto tondo anche di sera, calda sopra le nostre morbide braccia.
Era l’estate di tanti anni fa.